lunedì 5 aprile 2010

Il papa che non avrebbe taciuto


E' mia convinzione - e non soltanto mia - che, contrariamente al suo successore Pio XII (il papa che tacque) Pio XI avrebbe sì levato la sua voce contro le persecuzioni e lo sterminio degli ebrei - se non fosse morto nel febbraio del 1939. A più riprese (e non soltanto) lo fece già soprattutto durante l'anno 1938. Inizialmente favorevole al fascismo e nazismo, soprattutto quale baluardo contro il bolscevismo, verso la fine del suo pontificato se ne distanziò sempre più, a parole e a fatti, meditando infine la rottura. Ma fu spesso ostacolato e censurato da "controcorrenti" all'interno della curia, in prima linea dall'allora segretario di stato Eugenio Pacelli (il futuro Pio XII) che volle mantenere i "buoni" rapporti con la Germania nazista - a qualsiasi costo.

Convinto ne fù anche un personaggio che certamente ne sapeva qualcosa degli avvenimenti e delle correnti all'interno della curia: Scriveva infatti Ernst von Weizsäcker, allora ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, nelle sue memorie:

«Se Pio XI fosse vissuto, certamente si sarebbe arrivati alla rottura pubblica [con Hitler ed i regimi totalitari, fascismo e nazismo].»

Da un'intervista radiotelevisiva dell'aprile 2009 con lo storico Giovanni Miccoli, intitolata: "Pio XI. Un papa solo contro i totalitarismi" (l'audio purtroppo non funziona più).

Emma Fattorini e David Kertzer

e altri ...

E' soprattutto dopo l'apertura parziale, nel settembre del 2006, degli archivi segreti vaticani per il pontificato di Pio XI (1922-1939) che, sulla base di nuovi documenti venuti alla luce, si molteplicano le voci in sua difesa, quasi alla sua "riabilitazione" (nel contempo si delinea sempre più chiaramente come fù censurato e ostacolato da Pacelli, futuro Pio XII); eccone alcune:

Emma Fattorini
Docente di storia contemporanea all'Università "La Sapienza" di Roma:

Il suo intero libro: "Pio XI, Hitler e Mussolini - la solitudine di un papa" (2007) è improntato a sostenere la tesi del papa sempre più isolato all'interno della curia, ostacolato sia da alti prelati che lo circondavano sia dal regime fascista.

Alberto Melloni
Anch'egli docente di storia del cristianesimo all'Università di Modena:

«In the pontificate of Pius XI, there is a change from initial indulgence if not sympathy for totalitarianism as a way to contain the Communist threat, to a different attitude … against Nazism, and against fascism and racial discrimination, deportation, and extermination."»

«Durante il pontificato di Pio XI assistiamo ad una svolta da iniziale indulgenza se non addirittura di simpatia per il totalitarismo quale mezzo per contenere il pericolo comunista, ad un'attitudine diversa … contro il nazismo ed il fascismo e contro le discriminazioni razziali, le deportazioni e lo sterminio.»

(Prima della morte di Pio XI nel febbraio del 1939 non vi furono ovviamente ancora deportazioni sistematiche, nè si poteva ancora parlare di "sterminio" - ma era già più che sufficiente quello che era "accaduto" fino ad allora.)

Alberto Melloni fù anche il primo a riportare, nel 2004 su «Corriere della Sera», le istruzioni di Pio XII, riemerse in Francia, di non restituire alle loro famiglie o a parenti i bambini ebrei sottratti alla persecuzione nazista che erano stati battezzati. (Articolo e documento)

David Kertzer
Autore di "I papi contro gli ebrei":

«Historian Kertzer says that Pius XI was aware he was making deals with devils in order to secure advantages for the Catholic church, but that his attitude changed toward the end of his papacy. "The pope began to regret to some extent what he had done and he really had some crisis of conscience", Kertzer says.»

«Lo storico Kertzer ci dice che Pio XI era cosciente di "arrivare a dei patti con il diavolo" per assicurarsi dei vantaggi per la Chiesa cattolica, ma che la sua attitudine cambiò verso la fine del suo pontificato. "Il papa iniziò a pentirsi in una certa misura di ciò che aveva fatto ed ebbe dei sinceri rimorsi di coscienza."»

Da un'articolo del 6.10.2006 sull'apertura degli archivi segreti vaticani (in inglese):

Di pentimento sarà ben il caso di parlare; infatti durante i suoi anni quale nunzio in Polonia si era espresso, pure lui, con gran disprezzo nei confronti degli ebrei. D'altra parte fin dalla sua gioventù mantenne un rapporto d'amicizia con il rabbino di Milano. Non è dunque un "caso semplice" come per esempio Giovanni XXIII, ma sono comunque convinta che la sua opposizione finale alla discriminazione razziale era motivata da una sincera avversione contro il razzismo e l'antisemitismo.

Giovanni Miccoli
Docente di storia del cristianesimo all'Università di Trieste; autore di "I silenzi e i dilemmi di Pio XII" (2000):

Anch'egli sostiene la tesi del papa "abbandonato" all'interno della curia, p.e. nella sua intervista radiotelevisiva dell'aprile 2009. Non mi è noto se ha anche scritto degli articoli sul tema.

Video d'introduzione


Questo video mi piace molto: mostra delle bellissime impressioni di Roma all'epoca di Pio XI, ne coglie veramente l'atmosfera. Anche Pio XI stesso vi si vede, anche se in immagini non troppo nitide; il suo cappello "alla moda" è però ben visibile …






Sul contenuto ho invece alcune obiezioni da fare:
Soprattutto che «Pio XI, d'accordo con Pacelli, incarica il gesuita John LaFarge … » (di preparare l'enciclica contro il razzismo e l'antisemitismo). Pacelli non sarebbe stato per niente "d'accordo", motivo per cui Pio XI la commissionò in gran segreto.

Anche che era «come se la Chiesa preparasse i suoi eserciti» è non soltanto una grande esagerazione, è semplicemente falso; Pio XI era un combattente (quasi) solitario.

Infine viene suggerito in modo neanche troppo sottile che Pio XI potrebbe essere stato avvelenato da uno dei suoi medici, il padre dell'amante di Mussolini - beh, non si può veramente escludere, solo che saprei nominare molti "alti prelati" che avrebbero avuto molto più interesse di Mussolini ad "eliminare" questo papa tanto "scomodo".

Ma non lasciatevi ... da tali "piccole inesattezze" e godetevi il video!

Irene Harand: «La sua lotta»


Irene Harand su Pio XI (1933)

Nel 1935, Irene Harand, una cattolica viennese, scrisse una "replica a Hitler", nella quale confutò punto per punto le accuse da lui mosse contro gli ebrei nel suo famoso libro "Mein Kampf" ("La mia lotta").

Già il titolo scelto dalla Harand indica il suo netto distanziamento dalle posizioni di Hitler: lo chiama infatti "Sein Kampf" ("La sua lotta - una replica a Hitler").

Il libro fù riedito nel 2005 da una casa editrice viennese - è ora anche accessibile su internet, purtroppo soltanto in tedesco (vedi qui).

A pagina 41 v'è scritto a proposito di Pio XI (è la sua unica menzione nel libro):

«L'agenzia stampa "Central News" nell'agosto del 1933 diramò una notizia romana secondo cui il papa, a seguito dell'impressione che fecero su di lui le notizie sulle continue persecuzioni degli ebrei in Germania, si pronunciò in modo dispregiativo nei confronti del movimento antisemita.
Pio XI dichiarò che le persecuzioni antiebraiche rappresentano un "certificato di povertà" ("Armutszeugnis") per la civiltà di un grande popolo. Egli rammenta che Gesù Cristo, la madre di Dio e la sua famiglia, gli apostoli e molti santi erano di origine ebraica, e che la Bibbia è una creazione degli ebrei. I popoli ariani, così il papa, non possono avanzare alcuna pretesa di superiorità verso i semiti.

[traduzione mia]

Mi sono imbattuta piuttosto per caso in questo breve accenno alle dichiarazioni di Pio XI espresse già nel 1933, e vorrei proprio sapere perchè quest'episodio viene sempre taciuto; gli storici Thomas Brechenmacher e Hubert Wolf p.e., che da parecchio tempo hanno accesso libero agli archivi segreti vaticani, non si sono mai imbattuti in questa "notizia romana" del 1933? L'hanno mai pubblicata?
Non penso, ne loro e neanche altri apologeti di Pio XII. Ovviamente per non mettere troppo in risalto il contrasto tra Pio XI ed il suo successore, il quale invece non si pronunciò mai con una sola parola contro gli eccessi antisemiti.

L'unico accenno su internet lo trovo, in inglese, in una raccolta di saggi, qui, "Christian Responses to the Holocaust" (pagina 132: "Irene Harand's Campaign Against Nazi Anti-Semitism in Vienna, 1933-1938" di Gershon Greenberg).



Una vita movimentata - Irene Harand (1900 - 1975)
Negli anni 1920 Irene Harand era impiegata presso l'avvocato ebreo Moriz Zalman a Vienna.
Con lui nel 1930 creò il Partito popolare austriaco ("Österreichische Volkspartei"), e nel 1933, sempre assieme, l'"Associazione mondiale contro l'odio razziale e la indigenza umana", ("Weltbewegung gegen Rassenhass und Menschennot") che venne presto chiamata soltanto "movimento Harand" ("Harand-Bewegung"), anche quale antitesi al movimento hitleriano. In breve tempo contava circa 36'000 associati in tutto il mondo.
Il loro settimanale "Giustizia" ("Gerechtigkeit") apparve dal 1933 al 1938 con una tiratura di circa 28'000 esemplari (per un corto periodo anche in francese e in polacco); sulla copertina recava il motto: "Combatto l'antisemitismo in quanto esso disonora il nostro Cristianesimo".
Già nel 1933 la Harand pubblicò un libro contro l'antisemitismo, nel 1935 poi appunto "La sua lotta - una replica a Hitler", che fù tradotto anche in inglese e in francese.
Durante i suoi estesi viaggi attraverso l'Europa e gli Stati Uniti, tenne dei discorsi nei quali cercò di mobilitare il pubblico contro il nazionalsocialismo e specialmente contro l'antisemitismo.
Quanto sul serio fù presa la sua iniziativa lo dimostrano le ripetute proteste dell'ambasciatore tedesco Franz von Papen presso il governo austriaco, che le denunciò quale "intromissione negli affari interni tedeschi".
In occasione dell'"Anschluss" dell'Austria nel 1938, la Harand fortunatamente si trovò in Inghilterra, da dove più tardi emigrò con suo marito negli Stati Uniti. Moriz Zalman nel 1940 fù ucciso nel campo di concentramento di Sachsenhausen.
Su Irene Harand venne emessa una taglia di 100'000 Reichsmark; i suoi libri dati pubblicamente alle fiamme a Salisburgo.
Nel 1968 Irene Harand venne nominata dallo Yad Vashem di Gerusalemme una "giusta tra le nazioni".
Morì il 2 febbraio 1975 a New York.

Pacelli tratenne richieste d'aiuto

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Pacelli tratenne le richieste d'aiuto contro le persecuzioni antiebraiche

Il 5 novembre 2009, lo storico ecclesiastico Hubert Wolf tenne un discorso all'Università di Vienna sul tema "Politica ecclesiastica nell'epoca delle dittature" ("Kirchenpolitik im Zeitalter der Diktaturen"). Wolf già dal 1992 è autorizzato a fare delle ricerche negli Archivi segreti vaticani con un permesso speciale.

L'essenza del suo lungo discorso dai toni, come di sua consuetudine, molto attenuanti, può essere riassunta in poche righe:
Eugenio Pacelli, il futuro papa Pio XII, non trasmise a Pio XI una sola lettera di richiesta d'aiuto contro le persecuzioni antiebraiche in Germania, di cui a partire dal 1933 ne giunsero innumerevoli in Vaticano.

L'unica lettera che giunse fino al papa fù quella della convertita ebrea Edith Stein; se tramite Pacelli o meno non è chiaro e nemmeno tanto importante.

La colpa sarebbe - vuol suggerire Wolf - di Cesare Orsenigo, che a partire dal 1930 sostituì Pacelli come nunzio apostolico in Germania. Pacelli in seguito divenne segretario di stato del Vaticano e come tale recipiente sia delle relazioni del nunzio che di queste richieste d'aiuto.

Proprio a Orsenigo - che lo stesso Wolf in precedenti articoli caraterizzò come un nunzio "debole" che mai poteva competere con Pacelli che aveva una solida formazione diplomatica - proprio a Orsenigo ora Pacelli dovrebbe aver prestato ascolto e aver trattenuto le lettere per "cautela". Ciò è addirittura ridicolo e con molta probabilità anche diffamante nei confronti di Orsenigo.

L'unico riferimento al discorso di Wolf lo trovo sulle pagine web dell'arcidiocesi di Vienna, su altri siti web cattolici, dove venne anche preannunciato il suo discorso, sembra non si ritenga molto importante quanto emerge dalle sue richerche.

Estratto dall'articolo sul discorso di Hubert Wolf (dal sito web dell'arcidiocesi di Vienna):

«Dei stereotipi antiebraici si possono sì riscontrare in documenti vaticani. Tuttavia a seguito degli eccessi antisemiti in Germania, Pacelli si rivolse all'allora nunzio in Germania con la seguente argomentazione: Fa parte delle "tradizioni della Santa Sede di praticare la sua missione di pace e di amore verso tutti gli uomini, indipendentemente dal loro stato sociale o dalla loro religione." Qui Pacelli argomentò in base alla dignità umana, sottolinea Hubert Wolf. Ma dal nunzio tedesco gli pervenne una risposta negativa:
"Un'intervento del rappresentante della Santa Sede sarebbe un'atto contro un paese amico."

Pacelli avrebbe fatto sua questa posizione, constata Wolf: A partire della primavera del 1933 vi furono innumerevoli lettere rivolte al papa con la richiesta di alzare la sua voce contro le persecuzioni antiebraiche. L'unica lettera che di fatto raggiunse il papa fù quella della convertita ebrea Edith Stein, trasmessa dall'abate di Beuron. Le fù risposto che si pregherà per loro. * […]

Anche il rabbino viennese Arthur Zacharias Schwarz, futuro suocero del sindaco di Gerusalemme Teddy Kollek, si sarebbe rivolto a Pio XI, al quale lo legavano anni di studi in comune: "Se fosse possibile a Sua Santità esprimere che anche un'ingiustizia contro gli ebrei rimane un'ingiustizia, una tale parola solleverebbe il coraggio e la morale di milioni dei miei concittadini ebrei." Questa lettera non sarebbe mai stata sottoposta al papa, così Wolf, il quale però trovò una nota del segretariato nella quale si leggeva che la faccenda è "molto delicata" e che la Santa Sede non si esprimerà in proposito.»


[Traduzione mia]

Mi sembra che con ciò sia detto abbastanza sulla "missione di pace e di amore" (Wolf) della quale Pacelli alias Pio XII era ispirato o meno.

Molto interessante a questo proposito un'articolo di Dino Messina pubblicato sul "Corriere della Sera" del 10 giugno 2009 su una lettera "mai spedita", il che riporta Messina ad un'altro suo articolo del settembre 2008 nel quale riporta testualmente le annotazioni di Monsignor Domenico Tardini le quali dimostrano come Pacelli addirittura censurò Pio XI (entrambi gli articoli si trovano qui). Domenico Tardini era collaboratore nella segreteria di stato diretta da Pacelli.

Già allora Dino Messina concludeva: «Quest’episodio svela chiaramente, se mai ve ne fosse ancora bisogno, il diverso atteggiamento verso il fascismo e la sua politica razziale tenuto dai due pontefici.»

Hubert Wolf invece continua a voler discolpare Pacelli, per lo più a spese del suo predecessore (come avvenuto già in precedenza), ed ora anche a spese di Cesare Orsenigo. Ciò che non gli riesce affatto.

* Dubito inoltre che Edith Stein ricevette la risposta che "sarà pregato per loro" - nella sua autobiografia del 1938 infatti si chiede cosa mai ne sarà divenuto della sua lettera a Pio XI.

Alla visita di Hitler, Pio XI lascia Roma

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Quando il 3 maggio 1938 Hitler si recò in visita ufficiale a Roma, Pio XI partì per un "soggiorno" a Castelgandolfo, non senza aver prima fatto spegnere tutte le luci in
Pio XI - non troppo abile in campo diplomatico
Vaticano, fermato le tapparelle alle finestre del suo palazzo, fatto chiudere, per la durata della "somma vistita", i Musei Vaticani ed infine fatto sbarrare la via d'accesso alla Basilica di San Pietro.

Al nunzio apostolico in Italia ordinò di non partecipare alle festività al Quirinale, ed anche ai vescovi italiani proibì di recarsi a dei ricevimenti: "Qualora, in occasione della venuta in Italia del Cancelliere, gli Eccellentissimi vescovi ricevessero inviti per intervenire a cerimonie in suo onore, il S. Padre desidera si astengano dall'accettarli".

Diede poi istruzioni all'"Osservatore Romano" di non fare alcun accenno all'incontro dei due capi di stato (come già avvenuto in occasione della visita di Musssolini in Germania nel settembre del 1937); infatti in quei giorni neanche vi appare il nome di Hitler.

Quale "accoglienza", Pio XI fece invece pubblicare in prima pagina un'articolo sulle false dottrine dell'ideologia razzista.

Già il giorno precedente era apparso, sempre in prima pagina con tanto d'immagine l'annuncio: "Il Santo Padre a Castelgandolfo". Il Santo Padre ha lasciato Roma sabato 30 aprile alle ore 17 poichè l'aria di Roma gli era divenuta irrespirabile.

Specialmente indigesto gli era il fatto che nelle vie di Roma sventolavano bandiere con delle croci "nemiche della croce di Cristo".




Cerimonia in onore di Hitler al "Foro di Mussolini" (oggi Foro Italico), maggio 1938

Spero proprio che Pio XI era seduto sotto il suo baldacchino quando pure nel cielo apparvero gli oscuri segni premonitori: formazione aerea a forma di svastica sopra Roma (circa al minuto 9:06).

«Spiritualmente siamo tutti semiti»

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Il 6 settembre 1938 Pio XI tenne un discorso davanti a pellegrini belgi nel quale denunciò l'antisemitismo.

Il giorno prima era stato introdotto in Italia il primo "Provvedimento per la difesa della razza" con il quale scolari e docenti ebrei vennero esclusi dalle scuole pubbliche e dalle università. Il 7 settembre sarebbe poi entrata in vigore la legge che proibì agli ebrei stranieri di risiedere in Italia e che li esordì a lasciare in paese entro sei mesi; compresi quelli che avevano acquisito la cittadinanza italiana dopo 1.1.1919 e a cui venne ora di nuovo tolta.

Il discorso che il papa tenne nella sua residenza estiva di Castelgandolfo venne stenografato su esplicita richiesta del papa da uno dei pellegrini, Monsignor Picard, capo di una stazione radiofonica cattolica belga, e poi pubblicato in "La Documentation Catholique".

La stampa (cattolica) italiana invece nemmeno vi fece accenno. L'"Osservatore Romano" pubblico sì il discorso, tralasciando però la parte sull'antisemitismo (!); la "Civiltà Cattolica" si astenne da ogni accenno. Molti italiani ne vennero a conoscenza soltanto leggendo i giornali esteri.

Il discorso è riportato per intero nel libro di Emma Fattorini "Pio XI, Hitler e Mussolini" (pagina 181) - lo cito qui testualmente:

A questo punto il Papa non riuscì più a trattenere la sua emozione. … Ed è piangendo che egli citò i passi di san Paolo che mettono in luce la nostra discendenza spirituale da Abramo: la promessa è stata fatta ad Abramo e alla sua discendenza. … Ascoltate attentamente: Abramo è definito il nostro patriarca, il nostro avo. L'antisemitismo non è compatibile con il sublime pensiero e la realtà evocata in questo testo. L'antisemitismo è un movimento odioso, con cui noi cristiani non dobbiamo avere nulla a che fare. … Attraverso Cristo e in Cristo noi siamo i discendenti spirituali di Abramo. … Tutte le volte che leggo le parole «il sacrificio di nostro padre Abramo», non posso fare a meno di commuovermi profondamente. Non è lecito per i cristiani prendere parte all'antisemitismo. Noi riconosciamo che ognuno ha il diritto all'autodifesa e che può intraprendere le azioni necessarie per salvaguardare gli interessi legittimi. Ma l'antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti.

Sembrano queste parole … ?
No, sono fermamente convinta che l'emozione di Pio XI riportata dalla stampa cattolica belga fù genuina e sincera.

Un'ingiusta accusa nei confronti di Pio XI

Spesso una frase del suo discorso: «Noi riconosciamo che ognuno ha il diritto all'autodifesa e che può intraprendere le azioni necessarie per salvaguardare gli interessi legittimi» viene - per dei motivi contapposti - interpretata in sfavore di Pio XI, arrivando addirittura a dichiarare che essa rende il suo discorso vano, in quanto con essa ammette implicitamente la necessità di autodifesa e dunque il "pericolo giudaico".

Se sono apologeti del suo successore Pio XII a puntare su quella frase, possiamo intuire che ciò accade unicamente per delle cause "nivellatrici", per non mettere cioè troppo in evidenza il contrasto tra i due pontefici.

Ma pure ammesso che gli viene rimproverata per dei motivi sinceri: La stampa cattolica del tempo, con la "Civiltà Cattolica" in prima fila, evocava continuamente il "pericolo giudaico" e la necessità di una "segregazione":
Nel marzo del 1938 per esempio ammonì che: «La fatale smania di dominio finanziario e temporalistico nel mondo è la vera e profonda causa che rende il giudaismo un fomite di disordini e un pericolo permanente per il mondo». Quale rimedio suggerì: «la carità, senza persecuzioni, e insieme la prudenza con opportuni provvedimenti, quale una forma di segregazione o di distinzione conveniente ai nostri tempi».

Nell'agosto del 1938 il "Regime Fascista" ripropose poi una serie di articoli estremamente "antigiudaici" apparsi nel 1889 su "Civiltà Cattolica" quale replica alla presa di posizione contro l'antisemitismo avvenuta poco prima da parte di Pio XI.

Mi sembra dunque non soltanto molto probabile, ma abbastanza ovvio che Pio XI nel suo discorso pronunciato "come di getto" (Fattorini) fece influire quella frase già quasi "per abitudine", quale replica alla necessità di autodifesa continuamente evocata per legittimare le leggi razziali.

Attacchi celati contro Pio XI

Attacchi più o meno celati contro Pio XI

Nel luglio del 1938 apparve il "Manifesto della razza", redatto e firmato da dieci professori universitari italiani; fù pubblicato prima il 15 luglio in forma anonima sul "Giornale d'Italia" con il titolo "Il fascismo e i problemi della razza", poi anche su altri giornali e riviste. Vi aderirono poi anche molte altre personalità - e servì da base per la legislazione antiebraica.

Pio XI definì le sue tesi "una forma di vera apostasia".
In diversi discorsi sottolinea che "cattolico vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico, separatistico"; queste ideologie finiscono con il "non essere neppure umane."
Si chiede pure "come mai, disgraziatamente, l'Italia avesse bisogno di andare ad imitare la Germania."

A ciò seguono prontamente dei contrattacchi:
>  da parte dei fascisti
>  della «Civiltà Cattolica»
>  di Mussolini personalmente

Gesuiti ed "altri cattolici"

Nell'agosto del 1938 il quotidiano "Regime Fascista" ripropose una serie di articoli virulentemente antisemiti pubblicati nel 1889 dalla rivista gesuita "Civiltà Cattolica", per dimostrare a Pio XI che questi provvedimenti antiebraici erano infatti nel senso della Chiesa.

"Regime Fascista" così commenta gli articoli:

«Noi ci accorgiamo, alla fine di questo studio vigoroso [della "Civiltà Cattolica"], che gli Stati e le società moderne, e persino le più sane e coraggiose nazioni d'Europa, l'Italia e la Germania, hanno molto da imparare dai padri della Compagnia di Gesù. E confessiamo che il fascismo è molto inferiore, sia nei propositi, sia nell’esecuzione*, al rigore della Civiltà cattolica. Ma confessiamo anche lo stupore doloroso e lo sdegno che ci assalgono quando ci poniamo a considerare questa leale e generosa [sic !] battaglia dei sapienti e irreprensibili gesuiti, di fronte all'atteggiamento di altri cattolici».

Con "altri cattolici" ci si riferiva beninteso a Pio XI:

«Se non fossimo cattolici, oggi avremmo accettate con entusiasmo le parole del Santo Padre, così come le hanno accettate e comunisti e massoni e socialisti e giudei e protestanti, che sono i nemici conclamati della Chiesa.»

(* Roma, p.e., fù l'ultima città d'Europa ad abbattere le mura del suo ghetto, definitivamente soltanto nel 1870 quando la città, fino allora capitale dello Stato pontificio, divenne capitale d'Italia; oltre ad altre discriminazioni antiebraiche a cui si potrebbe fare riferimento.)

N.B. Il 9 settembre, tre giorni dopo il commosso discorso di Pio XI ("spiritualmente siamo tutti semiti"), la «Civiltà Cattolica» difese la sua campagna antisemita del 1889, in quanto «ispirata dallo spettacolo dell'invadenza e prepotenza giudaica».

Discriminazioni razziste accette a Dio

Commentando il "Manifesto della razza", la "Civiltà Cattolica" contrasta le prese di posizione di Pio XI:

«Chi ha presente le tesi del razzismo tedesco, rileverà la notevole differenza di quelle proposte da questo gruppo di studiosi fascisti italiani. Questo confermerebbe che il fascismo italiano non vuol confondersi col nazismo o razzismo tedesco intrinsecamente ed esplicitamente materialistico ed anticristiano.»

Il che significherebbe:

1. Le leggi razziali italiane, contrariamente a quelle tedesche, non sono affatto anticristiane; si può dunque introdurle con serena pace d'animo

2. non sono dunque da considerarsi un'apostasia (come Pio XI erroneamente le definisce)

3. Il fascismo italiano non imita affatto quello tedesco (come vuol far credere Pio XI)

4. Nel "Manifesto della razza" viene stabilito che "il concetto di razza è concetto puramente biologico" e che "la questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose."
Con ciò la "Civiltà Cattolica" priva gli odierni apologeti dell'unico argomento (di per se ridicolo) ancora rimastogli: che la Chiesa ha sempre combattuto l'antisemitismo razzista.

(Risulta comunque da articoli più anziani su "Civiltà Cattolica" che essa usava eccome il termine di "razza" per segregare e demonizzare gli ebrei: «Oh how wrong and deluded are those who think Judaism is just a religion, like Catholicism, Paganism, Protestantism, and not in fact a race, a people, and a nation! ... For the Jews are not only Jews because of their religion ... they are Jews also and especially because of their race.» (circa 1880)
(da una recensione del libro di David Kertzer "The Popes against the Jews").

Mussolini contro Pio XI


Le frasi finali del discorso che Mussolini nel settembre del 1938 tenne a Trieste sono con molta probabilità anch'esse rivolte contro Pio XI.

Dopo essersi pronunciato in lungo e in largo sulla necessità dei "provvedimenti per la difesa della razza", termina il suo discorso con le seguenti parole:

« ... nei loro confronti una politica di separazione - a meno che i Semiti d'oltrefrontiera e quelli dell'interno, e soprattutto i loro improvvisati e inattesi amici che da troppe cattedre li difendono, non ci costringano a mutare radicalmente cammino.»

In questo video che mostra la sfilata di Mussolini per le strade di Trieste si può ascoltare il discorso, circa al minuto 3:00 il passaggio sopracitato.

A queste sue parole contro i difensori degli ebrei non vi furono soltanto le acclamazioni della folla come si sentono nel video.

«Lo stesso Mussolini, nel discorso di Trieste del settembre del '38, accusò il Papa di difendere gli ebrei [...] e minacciò provvedimenti più severi a loro danno se i cattolici avessero insistito. Ciononostante, in quei giorni quasi tutti i vescovi italiani tennero omelie contrarie al regime e al razzismo. Tuttavia fu Mons. Antonio Santin, vescovo di Trieste e Capodistria, che fermò Mussolini sulle porte della Cattedrale di S. Giusto e minacciò il duce di non farlo entrare in chiesa se non avesse ritrattato le accuse contro il Papa.
Inoltre fu proprio Mons. Antonio Santin l'unico vescovo italiano che ebbe il coraggio di andare a protestare personalmente da Mussolini a Palazzo Venezia, ricordandogli l'ingiustizia delle leggi razziali e che, contrariamente alla leggenda, c'erano Ebrei anche molto poveri. Solo successivamente il vescovo informò Pio XI di quanto aveva fatto e ottenne la sua approvazione.»
("Papa Pio XI - Il rapporto con gli ebei")

Si vede da questo esempio dunque quale peso e autorità avevano le parole del papa (quasi tutti i vescovi italiani tennero omelie contro il regime e il razzismo). Assieme al ... espresso da Mussolini "a meno che ... non ci costringano a mutare radicalmente cammino", ci si può chiedere:
E' dunque non da escludere (e personalmente ne sono convinta) che, se la Chiesa (cattolica) si sarebbe unanimamente schierata contro i regimi totalitari e la loro politica razzista, non soltanto Mussolini, ma anche il suo amico d'oltralpe sarebbero stati costretti a "cambiare radicalmente cammino" - e chi sa dire quale svolta avrebbe allora preso la storia?

Le parole "che da troppe cattedre li difendono" non si possono d'altronde applicare alla Chiesa nel suo insieme. Molti alti prelati della stessa curia romana per esempio non si possono certo rinnoverare fra i difensori degli ebrei, anzi. La maggioranza (?) fra di loro era infatti troppo impegnata a difendere non gli ebrei, bensì le leggi razziali. - indaffarata -

Anche le parole "i loro improvvisati e inattesi amici" dimostrano che ciò non corrispondeva affatto al solito stile della Chiesa; non si era abituati ad una difesa degli ebrei da parte della Chiesa - ne dalle cattedre ne dagli scritti, al contrario.

Delle "battaglie" tra Pio XI e Mussolini ne sò ancora molto poco - mi sono però di recente imbattuta in questo passaggio:
«Una nota di Pacelli del 16 marzo 1938 ci informa che Pio XI era rimasto molto soddisfatto dalle notizie recategli dal padre Tacchi Venturi [...] in merito agli interventi di Mussolini "contro la continuazione della politica di persecuzione religiosa in Germania".»
Sembra dunque non essere un capitolo molto semplice e "rettilineo" ...

Pio XI: «Io mi vergogno»

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Pio XI il 28 ottobre 1938:

«Ma io mi vergogno … mi vergogno di essere italiano. E lei padre (Tacchi-Venturi) lo dica pure a Mussolini! Io non come papa ma come italiano mi vergogo! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza.»

Pio XI durante un'udienza del 28 ottobre 1938 (da una nota di Domenico Tardini, addetto al Segretariato di stato.)

Trovo questa affermazione così genuina talmente significativa e "illuminante" che preferisco astenermi dal commentarla.

Dal libro di Emma Fattorini "Pio XI, Hitler e Mussolini", pagina 170.

La lettera mai spedita

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Dal blog di Dino Messina sul "Corriere della Sera" del 10 giugno 2009:

«Oggi le pagine culturali di "Avvenire" pubblicano un lungo resoconto di Antonio Airò del convegno su papa Pio XI organizzato dall'Ambrosianeum di Milano. L'articolo di Airò si apre con la notizia del ritrovamento di un documento negli archivi per la fondazione delle scienze religiose di Bologna in cui si esprimeva la ferma opposizione alle leggi razziali. "Il no fermo alle leggi razziali volute da Mussolini - scrive Airò - fu espresso in una lettera che il cardinale Pacelli, futuro Pio XII, aveva scritto nell'estate 1938 a nome del Pontefice perché fosse consegnata personalmente al Duce". La lettera non fu mai spedita. Questa scarna notizia, di cui vorremmo sapere di più, rende attuale un articolo da me scritto il 19 settembre dell'anno scorso in cui davo conto del contrasto tra Pio XI e il futuro Pio XII. Ve lo ripropongo.»

"Il no di Pio XI alle leggi razziali"

Qui l'articolo su "Avvenire".

Può darsi che Antonio Airò, consapevole che si tratta di materiale assai "compromettente", inizia di proposito il suo articolo con questa notizia, per farla sembrare innoqua, nella speranza dunque che i lettori leggano soltanto il "no fermo alle leggi razziali" (da parte "della Chiesa" naturalmente, la lettera fù persino scritta da Pacelli! ...) magari sorvolando che la lettera non fù mai spedita, comunque senza trarne conclusioni tanto "assurde" quali che potesse essere stato lo stesso reverendissimo Pacelli a trattenere la missiva.

Cosa che non ci dice nemmeno Dino Messina, si rammenta all'occasione soltanto di un suo articolo precedente nel quale evidenziava il "contrasto tra Pio XI e il futuro Pio XII".
Lungi dal voler tramare una "leggenda nera" su Pio XII - sono i documenti stessi a parlare.

Sull'articolo che Dino Messina ci ripropone, vedi: "Come Pacelli censurò Pio XI"

Come Pacelli censurò Pio XI

.
Sono di nuovo delle note interne di Domenico Tardini, addetto alla Segreteria di stato, a parlarci di come Pacelli censurò Pio XI.

Dal blog di Dino Messina sul "Corriere della Sera" del 19 settembre 2008 (e riproposto nello stesso blog il 10 giugno 2009):

"Quando Pio XI protestò con Pacelli: "Nascondi la mia nota antirazzista" e "Il no di Pio XI alle leggi razziali"

Lo riporto qui quasi per intero, tralasciando soltanto pochissime frasi nonchè la fine dell'articolo (sperando di non violare un qualche diritto d'autore):

IL DOCUMENTO: UN APPUNTO INEDITO DI MONSIGNOR DOMENICO TARDINI

La scena madre si svolge in Vaticano la sera del 15 novembre 1938. L'Osservatore Romano ha appena pubblicato un articolo riguardante la posizione della Chiesa cattolica sulle leggi razziali* e in particolare una sintesi della nota che Pio XI ha inviato all'ambasciatore del governo italiano e a re Vittorio Emanuele III. L'intervento del Pontefice è molto duro.

Soprattutto a proposito dei matrimoni misti, Papa Achille Ratti crede che l'articolo 6 di quella che il 17 novembre sarebbe diventata la cosiddetta «legge sulla difesa della razza» vada contro la lettera e lo spirito del Concordato. [...]

Pio XI [...] impegna le sue forze residue - è malato e prossimo alla morte - per contrastare l'ignobile svolta del fascismo. Come per l'enciclica antirazzista, gli sforzi del Papa spesso non riescono ad andare a buon fine.

Ha chiesto e dato disposizione di far pubblicare dall'«Osservatore Romano» il testo integrale della sua nota antirazzista e la risposta che il re gli ha inviato «con sovrana cortesia». Mussolini non si è invece degnato di rispondergli.

Il Pontefice si stupisce quindi di vedere pubblicata sul giornale vaticano una sintesi ammorbidita delle sue posizioni e non nasconde il proprio disappunto all' «Eminentissimo cardinale Segretario di Stato».

A raccontare la scena è una nota inedita di monsignor Domenico Tardini, addetto presso la segreteria di Stato retta in quel periodo da Eugenio Pacelli, che alla morte di Pio XI, avvenuta il 10 febbraio 1939, sarebbe stato eletto pontefice con il nome di Pio XII.

L'appunto inedito di monsignor Tardini fa parte della serie di documenti, custoditi presso l'archivio vaticano e appena desecretati, [...]

Tornando a quella scena madre in Vaticano, monsignor Tardini scrive che «l'Eminentissimo cardinale» aveva fatto notare al Papa che «non è consuetudine pubblicare il testo intero di documenti diplomatici ... ». Il Santo Padre annuì, e così fu fatto.

Purtroppo però sua Santità dovette dimenticare l'autorizzazione data. Sicché ognuno può immaginare la sua sorpresa e il suo rammarico quando, leggendo l'«Osservatore Romano» come faceva sempre puntualissimamente si avvide che il testo dell'articolo non corrispondeva a quello della Nota. Particolarmente a lui dispiacque il non trovarvi l'accenno alla risposta inviata dal Re.

A questo punto è interessante svelare che l'autore dell'articolo tanto sgradito al Papa, che senza considerare la cortese risposta del re sembrava un monologo politicamente sterile, era lo stesso monsignor Tardini:

«Il Santo Padre non si quieta. Trova che l' articolo è un lungo monologo. Vi si dice, infatti, che si può forse sperare in opportune intese: "Ma chi vi dà queste speranze? Le vostre considerazioni! Dunque è un monologo! E invece le speranze sono fondate sulla risposta del Re».

[...] Dopo qualche giorno, riavutosi da una crisi del suo male,

«il Papa - racconta Tardini - chiese: "Chi ha fatto l' articolo?" Ed io subito: "Io, Santità". E il Santo Padre: "Proprio mi rallegro". Ma l'Eminentissimo intervenne: "Santità, io ho rivisto l' articolo e me ne prendo tutta la responsabilità"».

Era il 28 novembre 1938. Monsignor Tardini, dopo aver registrato il parere del medico su Pio XI («può morire da un giorno all' altro»), prosegue:

«L'intervento così pronto e così generoso dell'Eminentissimo rende meno turbato il Santo Padre che, a un certo punto, incomincia a dettarmi un comunicato da pubblicare la sera stessa sull'"Osservatore Romano". (...) Sua Santità riferiva testualmente le parole della risposta reale. L'Eminentissimo riuscì a impedirlo».

Quest' episodio svela chiaramente, se mai ve ne fosse ancora bisogno, il diverso atteggiamento verso il fascismo e la sua politica razziale tenuto dai due pontefici: [...]

* Nel 1938 il fascismo comincia a perseguitare gli ebrei. Tra settembre e novembre una serie di leggi razziste li emargina brutalmente dal resto della società.

Penso ce n'era ancora bisogno sì; troppo spesso ancora Pio XI viene messo sullo stesso piano del suo successore, o vengono attribuiti a lui "silenzi" quando era invece Pacelli a silenziarlo ... oppure si parla semplicemente della "Chiesa", specie quando il merito è di Pio XI, offuscando in tal modo il contrasto tra i due protagonisti.

Il Re ed il suo "incomparabile Ministro"

L'"incomparabile Ministro": una titolatura altamente ironica

Nella sua allocuzione natalizia davanti ai vescovi, il 24 dicembre 1938 Pio XI, dopo un breve ringraziamento per gli auguri ricevuti, viene subito sul tema di un'altra prossima vigilia, quella del decennio della Conciliazione (la conclusione dei Patti lateranesi) il prossimo 11 febbraio.

Esprimendo la sua riconoscenza, si rivolge alle "altissime persone - diciamo il nobilissimo Sovrano ed il suo incomparabile Ministro".

Che qui si rivolga a Mussolini chiamandolo l'"incomparabile ministro" gli viene spesso rinfacciato: che questa "reverenza" a Mussolini toglie molto alla seguente critica al governo fascista; critica che per l'altro si concentra quasi esclusivamente sugli attacchi all'"Azione Cattolica". Ciò dimostrerebbe una volta di più la tiepidezza delle sue prese di posizione contro il razzismo e l'antisemitismo.

Ma con entrambe le accuse si fà del torto a Pio XI:

Primo, Emma Fattorini racconta come quella reverenza fù intesa quale pura ironia e presa in giro di Mussolini:

«… e del suo "incomparabile Ministro". Un complimento che subito suonò a tutti come ironico, e che così interpretò lo stesso Mussolini offendendosi a morte; […] Ciano racconta come Mussolini fosse "montatissimo" e dei suoi enormi sforzi per calmarlo: sforzi inutili, perchè il duce era convinto che con quell'appellativo "incomparabile, il Papa volesse prenderlo in giro." Mussolini […] incarica il suo ambasciatore di presentare alla Santa Sede una protesta motivata da tre argomenti: "In certi ambienti cattolici si è fatta dell'ironia sulla parola del Papa che mi riguarda. Deploro l'attacco al Partito pronunciato dal Papa, attacco sul quale si è fatta speculazione in tutta Europa."»

(da: Emma Fattorini "Pio XI, Hitler e Mussolini", pagina 207)

Ho poi trovato qui l'intero discorso natalizio.

E' vero che, come gli viene spesso rimproverato, Pio XI si sofferma quasi unicamente sugli attacchi ad "Azione Cattolica" che chiama la "pupilla degli occhi Nostri". Ma termina questa "lamentela" con le seguenti parole:

"Ieri Ci si segnalavano Venezia, Torino e Bergamo; oggi è Milano e proprio nella persona del suo Cardinale Arcivescovo, reo di un discorso e di un insegnamento, che rientra esattamente nei suoi doveri pastorali, e che Noi non possiamo che approvare."

Il "Cardinale Arcivescovo" di Milano però era Ildefonso Schuster, che un mese prima, nel novembre del 1938, proclamò dal pulpito nel Duomo di Milano che  «il razzismo costituisce un pericolo internazionale non minore di quello dello stesso bolscevismo.»

Ildefonso Schuster, allora abate, era anche preside della Congregazione dei Riti che nel 1928 approvò pienamente la richiesta dell'associazione "Amici Israel" di togliere il "perfidis" nella liturgia del venerdì santo riguardante gli ebrei (proposta che poi fù respinta dal Sant'Uffizio). E un anno più tardi fù nominato da Pio XI arcivescovo di Milano e subito dopo cardinale.

Chi legge oggi il discorso natalizio di Pio XI difficilmente saprà chi era inteso, ma allora quasi certamente tutti sapevano subito a chi Pio XI si riferiva e soprattutto quale "indignante" affermazione ora approvava pubblicamente.

Se si aggiunge questo agli altri attacchi di Pio XI al regime fascista a partire dalle annunciate leggi razziali, non mi sembra affatto che essi furono "tiepidi" o non troppo convinti, ma quello che Pio XI, quasi isolato e contrastato, poteva al massimo fare.

Enciclica «Humani Generis Unitas»

L'enciclica "scomparsa"

A fine giugno 1938 Pio XI ricevette in udienza privata, nella sua residenza estiva di Castelgandolfo, il gesuita americano John LaFarge, il quale aveva già scritto un libro contro le discriminazioni razziali negli Stati Uniti, incaricandolo di redigere un'enciclica contro il razzismo e l'antisemitismo, non senza averlo prima impegnato alla massima segretezza. LaFarge, che era in viaggio per l'Europa e si trovava piuttosto per caso a Roma, ne rimase del tutto sorpreso; gli parve infatti che "gli fosse caduta in testa la rocca di san Pietro".

Una prima domanda si pone già qui: Perchè Pio XI si rivolse - in gran segreto - ad un gesuita americano? Come pure il suo discorso "spiritualmente siamo tutti semiti" lo tenne davanti a pellegrini belgi, incaricandoli di stenografarlo e pubblicarlo? (può darsi che le sue lacrime a quell'occasione furono anche di sollievo per trovar finalmente ascolto e per il fatto che le sue parole venivano ora divulgate?)
Certo si può rimandare il tutto alla "censura fascista" - a me sembra che la censura più rilevante avveniva nella stessa curia romana.

Dopo tre mesi di intenso lavoro a Parigi, con l'assistenza di due altri gesuiti (il tedesco Gustav Gundlach e il francese Gustave Desbuquois), la bozza dell'enciclica in settembre era pronta e trasmessa non direttamente a Pio XI, bensì - "seguendo l'iter consueto" - al generale dei gesuiti, il polacco Wladimir Ledochowski.

E qui iniziarono le "manovre dilatorie"

Grazie ad una lettera recentemente riemersa si ha ora la certezza che Pio XI ricevette la bozza soltanto parecchio tempo più tardi, a fine gennaio 1939, poche settimane prima della sua morte. Si tratta della lettera che Ledochowski spedì al pontefice il 21 gennaio 1939 e che inizia con le parole: «Beatissimo Padre, mi permetto di mandare subito [!] a Vostra Santità lo schema del Padre LaFarge sul Nazionalismo ... »

Dopo averla trattenuta per quattro mesi (!), Ledochowski trasmise la bozza a Pio XI poche settimane prima del decennale dei Patti lateranesi, ben sapendo che papa Ratti era ora pienamente assorto dai preparativi per l'anniversario. Ben sapendo anche che il pontefice, ormai più che ottantenne, era gravemente ammalato e perciò spesso non in grado di operare - che non gli sarebbe tutto sommato stato possibile occuparsi ora anche dell'enciclica. Infatti Pio XI poi morì il 10 febbraio, un giorno prima delle celebrazioni per l'anniversario.

A parte la lentezza diciamo pure "burocratica" nel trattare un tema che Pio XI riteneva quello "attualmente più scottante", dalla lettera di Ledochowski apprendiamo pure che egli voleva far riedigere la bozza dal padre gesuita Enrico Rosa, autore di parecchi articoli estremamente "antigiudaici" su «Civiltà Cattolica»; per esempio, secondo Rosa l'odio contro gli ebrei era comprensibile perchè «più degli altri popoli esposto all'odio per le sue stesse malefatte.»

(Per scusare le manovre dilatorie di Ledochowski si fà spesso notare che egli temeva il bolscevismo alle porte della sua patria più che "la peste bruna"; sul fatto che era pure antisemita e che ciò ha indubbiamente contribuito in maniera sostanziale a frenare la sua premura si preferisce invece sorvolare.)

Contenuto della bozza

Soltanto l'inizio dei capitoli riguardanti gli ebrei promettono di divenire un'enciclica contro l'antisemitismo (punto 131 e 132 che condannano in parole severissime le persecuzioni antiebraiche). Ma poi il tono cambia drasticamente e vi si leggono soltanto ancora le ben note tirate antiebraiche:
Dall'accusa di deicidio, per cui gli ebrei attirarono su di loro l'ira di Dio provocando la loro stessa sventura, all"accecamento" e la caparbietà dei giudei, la loro avidità e smania di potere, la loro malevolenza verso il cristianesimo e dunque i pericoli cui i cristiani sottoporrebbereo le loro anime al contatto con gli ebrei, nonchè la necessità di conversione al cristianesimo (specie su quest'ultima l'autore sembra oltremodo premere).

Queste parti "antigiudaiche" sono però unanimamente attribuite non a LaFarge, bensì a Gustav Gundlach, autore di altri simili articoli, per esempio nel "Lexikon für Theologie und Kirche" del 1930. Fù però Ledochowski, pure egli antisemita, ad incaricare Gundlach di assistere LaFarge nel redigere la bozza (cosa che già si sapeva e ora anche menzionata dallo stesso LaFarge in una sua lettera a Pio XI).

Il testo della bozza si trova nel libro di G. Passelecq e B. Suchecky: "L'enciclica nascosta di Pio XI. Un'occasione mancata dalla Chiesa cattolica nei confronti dell'anti-semitismo." Su internet non lo trovo a parte alcuni corti estratti (in tedesco invece si trova qui).

Spesso si legge che "l'enciclica di Pio XI", a parte alcuni passaggi meritevoli, era anch'essa imbevuta dell'antigiudaismo tipico della Chiesa cattolica. Ma si trattava soltanto di una bozza che Pio XI, lungi dall'averla approvata, con molta probabilità non aveva nemmeno ancora letto, visto che appunto gli fu consegnata soltanto pochissimo tempo prima della sua morte. Personalmente ho i miei più grandi dubbi che egli avrebbe approvato il testo (per intero).

"Accantonamento" e ritrovamento

L'enciclica non fù mai pubblicata dal suo successore Pio XII che non riteneva il tema per nulla quello "attualmente più scottante" come invece lo definì Pio XI.
Non se ne ebbe notizia fino al 1973, quando estratti della bozza furono pubblicati dal "National Catholic Reporter" statunitense in seguito al ritrovamento della versione inglese (dell'ormai defunto LaFarge) in un collegio gesuita negli Stati Uniti.

Ledochowski aveva lasciato a LaFarge di pubblicare l'enciclica come lavoro privato, a condizione che non vi si facesse assolutamente alcun'accenno che a commissionarla era stato il pontefice defunto. Perchè LaFarge non fece mai accenno all'enciclica fino alla sua morte nel 1963?

Nel 1975 il teologo Johannes Schwarte pubblicò, nell'ambito di una dissertazione, la versione tedesca ritrovata nell'armadio dell'ospedale nel quale Gundlach morì nel 1963.

Soltanto nel 1989 (!) anche il Vaticano ammise pubblicamente che Pio XI aveva preparato un'enciclica sull'"unità del genere umano". Si rifiuta di però fino ad oggi di pubblicare il contenuto della bozza.

Nel 1995 seguì poi il lavoro più importante e conosciuto: "L'encyclique cachée de Pie XI. La découverte" dei due belgi Georges Passelecq, padre benedettino, e Bernard Suchecky, storico ebreo. Di cui nel 1997 apparve la versione in italiano: «L'enciclica nascosta di Pio XI. Un'occasione mancata dalla Chiesa cattolica nei confronti dell'antisemitismo».

Quali conseguenze avrebbe però avuto l'enciclica se - come voluto da Pio XI - sarebbe apparsa già verso la fine del 1938? Come tale sarebbe stata vincolante per tutti i cattolici (in Germania e nel mondo intero). Lascio al singolo lettore figurarsi le conseguenze ...

Pacelli distrugge il discorso di Pio XI

per il decennale dei Patti lateranesi

L'"enciclica scomparsa", la "Humani Generis Unitas", è ben nota e viene spesso nominata, meno noto, in quanto di solito si evita di farne alcun'accenno, è invece il discorso che Pio XI preparò per il decennale dei Patti lateranesi.

Le celebrazioni dovettero tenersi l'11 febbraio 1939 - divennero invece dei giorni di lutto: Pio XI era morto nella notte dal 9 al 10 febbraio in seguito ad un'attacco cardiaco.

Pio XI tenne segreto il contenuto del suo discorso, anche se ne parlava spesso ad interlocutori diversi:

«Secondo il solito, il tutto rimase sempre nascosto a tutti. Nessuno lo vide, neppure l'Eminenza Cardinal Pacelli. Il Papa - come aveva fatto per il discorso di Natale - lo fece scrivere a macchina da monsignor Confalonieri. L'8 febbraio, per ordine del Santo Padre, il testo già scritto a macchina fu dato in lettura a Pacelli che lo vide subito nell'appartamento pontificio, suggerì alcune modifiche e subito dopo, per mezzo Confalonieri, fu portato alla stanza segreta della tipografia.»

(da una nota di Domenico Tardini, addetto alla Segreteria di Stato presieduta da Pacelli, in "Pio XI, Hitler e Mussolini" di Emma Fattorini, pagina 213)

A Pio XI stava molto a cuore il suo discorso; vi aveva posto delle grandi aspettative.

Tuttavia, a causa del suo improvviso decesso, non sarà mai pronunciato. Pacelli non vi fà alcun accenno davanti ai vescovi già radunati a Roma.

Non solo: Non appena deceduto il suo predecessore, Pacelli ordina di distruggere tutto il materiale riguardante il discorso.

E' di nuovo Domenico Tardini a lasciarci le istruzioni dettagliate di Pacelli:
(ritrovate soltanto di recente all'apertura degli Archivi segreti vaticani e pubblicate da Emma Fattorini in "Pio XI, Hitler e Mussolini", pagina 214)

Ore 12.40 del 15 febbraio 1939

Mi telefona Montini. Gli ha telefonato il cardinale Pacelli per dare i seguenti ordini:

1. che Monsignor Confalonieri consegni tutto quel materiale che ha circa il discorso che il Santissimo Padre Pio XI aveva preparato per la adunanza dell'11 febbraio.

2. che la tipografia distrugga tutto il materiale che ha (bozze, piombi) sullo stesso discorso.

3. che Pizzardo è autorizzato a leggere quel discorso per sua personale conoscenza.

Ore 13. Vado da Confalonieri il quale mi consegna tutto quello che ha. Un'altra copia dattiloscritta e il manoscritto di Sua Santità. Poi mi assicura che darà gli opportuni ordini in tipografia.

Ore 18,35. Mi telefona Confalonieri per annunciarmi che il vice direttore della tipografia pensa oggi stesso, personalmente, a distruggere tutto il materiale preparato in modo che non ne rimanga «neppure un rigo».

A parte il discorso, per il giorno seguente era in programma un'incontro personale di Pio XI con i vescovi riuniti a Roma, in occasione del quale il papa voleva sentire di persona le opinioni dei singoli vescovi sulla situazione (politica) attuale. Molto probabilmente anche questi incontri erano ritenuti da certi alti prelati non meno "pericolosi" del discorso stesso …

Un'altro indizio di come Pio XI non si fidasse ormai più di nessuno, nemmeno di Pacelli, è la risposta che il nunzio apostolico il 9 febbraio 1939 diede a Ciano che si era informato di cosa il papa aveva intenzione di fare: «Non lo so, perchè il Santo Padre, quello che farà, non lo dice a nessuno; ma certo farà qualche cosa di grosso.»

Forse nemmeno Tardini si fidava più di Pacelli, visto come documenta minuziosamente gli avvenimenti, in maniera neutra, ma senza tralasciare fatti "incriminatori" contro Pacelli ("riuscì ad impedirlo", "nessuno lo vide, nemmeno Pacelli", le istruzioni dettagliate di qui sopra …)

Nel 1953 Tardini poi rifiutò la nomina a cardinale da parte di Pio XII, accettandola invece nel dicembre 1958 da Giovanni XXIII. Senza voler trarne conclusioni troppo affrettate, ci sarebbe da chiedersi il perchè (non il perchè ufficiale della Chiesa beninteso).

Almeno una copia del discorso dev'essersi comunque salvata. E' soltanto 20 anni più tardi che papa Giovanni XXIII ne cita alcuni passaggi in occasione del ventesimo anniversario della morte di Pio XI.

Contemporanei sul contrasto tra Pio XI e Pio XII

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RIGUARDO LE PERSECUZIONI ANTIEBRAICHE

Domini Burkard, teologo e professore di storia del cristianesimo, nel 2009 scrive in un saggio intitolato "Pio XII e gli ebrei - un'analisi del pontificato di Pio XII":

«Tutti gli indizi dimostrano in maniera assai evidente che è stato Eugenio Pacelli ad impedire quasi tutte le proclamazioni pubbliche della Santa Sede contro il nazionalsocialismo. A confermarlo sono pure suoi contemporanei:»

Robert Leiber, segretario di Pacelli
Robert Leiber, che fu per oltre trent'anni segretario privato di Pacelli (Pio XII), nel 1960 scrisse che
"era solitamente difficile dissuadere Pio XI dal prendere pubblicamente posizione, Pio XII invece difficilmente da persuaderne.".

Il vescovo Alois Hudal
Anche Hudal, nelle sue memorie, assicura in maniera credibile che "tutte le iniziative al riguardo sono state spesso smorzate o stemperate dall'intervento del segretario di stato [Pacelli] e della Congregazione per gli affari straordinari, nell'interesse di uno sviluppo pacifico."

apparso sul settimanale tedesco "Christ in der Gegenwart" ("Cristianesimo oggi"):

Cardinale Eugène Tisserant
Nel giugno del 1940, alla vigilia della capitolazione della Francia, quando le atrocità commesse dai nazisti in Polonia erano note almeno ai più alti diplomatici, Tisserant, membro della curia romana, scrisse al cardinale arcivescovo di Parigi, Emmanuel Suhard:

«Temo che la storia avrà ragione di biasimare la Santa Sede per aver seguito una linea politica di comodo per se stessa e molto poco più. Ciò è estremamente triste, specie se si è vissuti sotto Pio XI.»

Inizia con quest'episodio, questa affermazione del cardinale Tisserant, anche un saggio di Peter C. Kent, che subito prosegue: - e ciò già nel 1988!

«In the studies which seek to explain Pius' XII silence in the face of certain knowledge of Hitler's extermination policies during the second world war, little attention has been paid to this contrast between Pius XII and his predecessor, Pius XI.»

«Negli studi che cercano di spiegare i silenzi di Pio XII di fronte a una certa conoscenza della politica di sterminio di Hitler durante seconda guerra mondiale, si è [finora] prestata poca attenzione a questo contrasto fra Pio XII ed il suo predecessore, Pio XI.»


Peter C. Kent: "A Tale of Two Popes: Pius XI, Pius XII and the Rome-Berlin Axis" in "Journal of Contemporary History", vol. 23 (1988), pag. 589-608.

Joseph Wirth
Ex cancelliere tedesco nella repubblica di Weimar e politico del partito cattolico ''Zentrum'', emigrò nel marzo del 1933 subito dopo l'entrata in vigore della legge che diede pieni poteri a Hitler (e resa possibile soltanto "grazie" al voto del "Zentrum"); dal suo esilio si impegnò infaticabilmente, grazie ai suoi molteplici contatti, anche in Vaticano, contro il regime nazista e la persecuzione degli ebrei.
Nell'estate del 1939 scrisse ad un conoscente che l'enciclica a venire (la "Humani Generis Unitas") è stata finora trattenuta per dei motivi tattici diplomatici.

Wirth si mostrò deluso da questo atteggiamento di Pio XII e disse che nell'ambito dei suoi sforzi ha avuto modo di avere dei profondi saggi della mentalità del nuovo papa, che però nel suo cuore erano ancora vive le impressioni dell'alta linea di condotta di papa Pio XI, benedetta la sua memoria.

"Pio XII e gli ebrei - un'analisi del pontificato di Pio XII"

Ernst von Weizsäcker
Il giudizio dell'allora ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, Ernst von Weizsäcker, l'abbiamo già visto:
«Se Pio XI fosse vissuto, certamente si sarebbe arrivati alla rottura (con i regimi totalitari, fascismo e nazismo).»

Anche Dino Messina, sulla base di documenti ora accessibili, da tempo cerca di evidenziare questo contrasto fra i due pontefici, p.e. qui e qui.


Alois Hudal (1885-1963)
Soprannominato "il vescovo bruno", dal 1923 era rettore del Collegio "Santa Maria dell'Anima" di Roma, dove avveniva la formazione del clero di lingua tedesca.
Col suo libro "I fondamenti del nazionalsocialismo", 1936, tentò una sintesi tra cattolicesimo e nazionalsocialismo, sempre che l'ultimo non miri a sostituire il cristianesimo; un'esemplare andò a Hitler con la dedica: "Al Führer del Risorgimento tedesco, il Sigfrido della speranza e della gloria germanica".
Il Führer infatti di sicuro apprezzò molto passaggi come: "La percentuale dei giudei negli ospedali ..., nelle professioni giuridiche, in quelle libere e artistiche, nella stampa - per non parlare del mondo finanziario, è sproporzionatamente alta. Ne conseguiva un'intossicazione dello spirito germanico con pensieri e dottrine straniere (estranee?) ..."
Alla fine della seconda guerra mondiale, Hudal si dedicò alle "opere caritative" (come egli stesso le definì), rendendo possibile la fuga, soprattutto verso l'Argentina, di alti funzionari e criminali nazisti, quali p.e. Eichmann, Mengele, Priebke e molti altri.

Chi scrisse quella frase?

«Potrebbe venire il giorno in cui si potrà dire di aver fatto qualche cosa.»

Nel 2008 lo storico ecclesiastico Hubert Wolf, che già dal 1992 ha libero accesso agli Archivi segreti vaticani, nel suo libro "Papst und Teufel" ("Il papa e il diavolo") a pagina 205 scriveva [1]:

«Il 1° aprile 1933, mentre in Germania le SA sorvegliavano il boicottaggio dei negozi ebrei, papa Pio XI e il suo segretario di stato Eugenio Pacelli s'incontrarono per discutere, come di consueto, i più importanti temi di politica ecclesiastica del giorno. A capo della lista in quel giorno figurava l'antisemitismo dei nuovi plenipotenziari in Germania. Parecchie autorevoli personalità ebraiche avevano infatti informato il papa degli "eccessi antisemiti in Germania". Pio XI diede istruzioni al segretario di stato di incaricare il nunzio di Berlino, Cesare Orsenigo, di sondare senza indugio "se, e casomai che cosa" si potesse intraprendere a riguardo da parte della Santa Sede. Dopo l'udienza Pacelli vi aggiunse tra parentesi: "Potrebbe venire il giorno in cui si potrà dire di aver fatto qualcosa" - una frase chiave: sarà infatti lo stesso Eugenio Pacelli, nel 1939, a salire al trono di san Pietro col nome di Pio XII.»

(Traduzione e evidenziamenti miei)

E' davvero molto interessante a chi Thomas Brechenmacher, anch'egli storico ecclesiastico, vuole ora attribuire questa "frase chiave":

Le relazioni che il nunzio di Berlino, Cesare Orsenigo, spediva quasi giornalmente alla segreteria di stato vaticana (presieduta a quel tempo da Pacelli) sono da poco state messe online, dapprima soltanto per l'anno 1933, dal DHI (Istituto storico germanico di Roma), a cura di Thomas Brechenmacher.

Missiva di Pacelli (Pio XII) a Cesare Orsenigo del 4 aprile 1933 [2]:

Il documento si referisce agli appelli di "alte notabilità israelite" al Papa di intervenire contro gli eccessi antisemiti in Germania. Orsenigo è pregato, in linea con la "missione universale" della Santa Sede verso tutti gli esseri umani, di sondare le possibilità d'intervenire in tal senso. (Il 1° aprile 1933 si era avuto appunto il boicottaggio dei negozi ebrei.)

Alquanto interessante è la nota esplicativa numero 3:
(Anche nella versione online italiana, tutte le note esplicative sono in gran parte soltanto in tedesco)

Pacelli nell'udienza da Pio XI del 1.4.1933 aveva notato quale incarico per O[rsenigo]: "Veda se e come può dire o fare qualche cosa. - (Può venire così il giorno in cui si potrà dire che è stata fatta qualche cosa. E' cosa che sta nelle buone tradizioni della S. Sede.)" […] Anche nell'aggiunta fra parentesi Pacelli verosimilmente riferisce le parole del papa; non sembra infatti necessario annotarsi i propri pareri. Nel testo del suo telegramma invece Pacelli andò oltre le istruzioni di Pio XI e parla della "missione universale di pace e di carità" che la Santa Sede è tenuta a compiere. Qui Pacelli pone indubbiamente propri accenti. - La frase espressa da Pio XI nell'udienza: "Potrà così venire il giorno in cui si potrà dire di aver fatto qualche cosa" non sarà certamente da valutare quale attitudine opportunistica da parte di Pio XI (o addirittura di Pacelli), bensì quale espressione di come il Papa intendeva i doveri inerenti alla sua carica. Una discussione esaustiva di questa fonte presso Brechenmacher, "Potrà così venire il giorno …".

Chi ha scritto ora questa "frase chiave"?
Più precisamente: fu pronunciata da Pio XI nell'udienza o si tratta di un'aggiunta di Pacelli?

Comunque, non è affatto nello stile di Pio XI, bensì in quello di Pacelli (Pio XII), come già Hubert Wolf scriveva nel 2008.

Brechenmacher però la attribuisce ora deliberatamente a Pio XI, aggiungendovi, in modo molto allusivo, che non sarà certamente da interpretare quale opportunismo di papa Ratti.

Infatti non si tratta di certo di opportunismo da parte di Pio XI, in quanto (ne sono convinta) fù Pacelli a scrivere quella frase - Pacelli ovvero Pio XII ha però dimostrato in parecchie occasioni appunto un tale opportunismo.

Trovo abbastanza biasimevole mentire e distorcere la verità per discolpare Pio XII, tanto più quando si fa poi a spese di una persona meritevole quale lo era Pio XI, diffamando così la sua memoria.

Sentiamo al contrario di nuovo Joseph Wirth che nel 1939 disse che "nell'ambito dei suoi sforzi ha avuto modo di avere dei profondi saggi della mentalità del nuovo papa [Pio XII], che però nel suo cuore erano ancora vive le impressioni dell'alta linea di condotta di papa Pio XI, benedetta la sua memoria."

Brechenmacher invece mira, come molti apologeti di Pio XII, a nivellare i contrasti fra i due pontefici, se non a capovolgerne i meriti. Come nella nota no. 3 di qui sopra: "Pacelli andò oltre le istruzioni di Pio XI", "o addirittura di Pacelli" … Papa Ratti invece appare, anche se negato, come opportunista che adempie soltanto ai "doveri inerenti alla sua carica".

E non è affatto la prima volta che riscontro quest'atteggiamento da parte di Thomas Brechenmacher, ancor più che da parte di Hubert Wolf.
Ne fa ora anche un gran tamtam a proposito di questa singola frase, sicuramente perchè non si può trovare null'altro per "incriminare" Pio XI - a parte questa frase che non è nemmeno sua!

A proposito degli "appelli di alte notabilità israelite" al papa di intervenire contro gli eccessi antisemiti: abbiamo già visto qui che non una singola richiesta d'aiuto, di cui Pacelli in quanto segretario di stato ne ricevette innumerevoli a partire dal 1933, fù da lui trasmessa a Pio XI.
(Che poi nel documento si parli soltanto delle "alte notabilità" fa pensare che soltanto ora Pacelli ritenne necessario informarne il papa; era infatti anche molta "gente comune" a rivolgersi al papa in richiesta d'aiuto).

Quale affidamento si può dunque fare sulla redazione dei rapporti di Orsenigo (e non soltanto) da parte del DHI e di Thomas Brechenmacher se si riscontrano simili ...?

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1) Il titolo del libro per intero è: "Papst und Teufel: Die Archive des Vatikan und das Dritte Reich"; vedo che il libro ora esiste anche in lingua italiana, "Il papa e il diavolo - Il Vaticano e il Terzo Reich" - la traduzione di sopra è però mia.

N.B. A fine marzo 2010 nel libro che in tedesco è gia da anni in parte accessibile anche su internet, si poteva ancora leggere la pagina 205 con il passaggio sopracitato, alcuni giorni più tardi non più!

2) dhi-roma.it
E' un pochetino complicato trovare i documenti: cliccare a sinistra su "Pubblicazioni online", qui su "Storia moderna e contemporanea"; ora cliccando su "Rapporti di Cesare Orsenigo …" si arriva all'edizione digitale, e qui cliccare su "banca dati online"; si arriva ad un formulario di ricerca che si può lasciare in bianco, cliccando soltanato su "Suchen" (=cercare): appaiono ora i rapporti in ordine cronologico. (Anche copiando il link si arriva soltanto alla pagina col formulario di richerca.)

Pio XI si adopera per gli studenti ebrei

Pio XI si adopera per gli studenti ebrei

Lo storico ecclesiastico Hubert Wolf in un'intervista televisiva sul canale tedesco SWR2 del 1.11.2008 intitolata "Lotta contro il male" ("Kampf gegen das Böse"):

«Quando nel 1938 gli studenti ebrei di Germania, Austria e Italia vennero espulsi dalle università in quanto ebrei, Pio XI supplicò i cardinali statunitensi e canadesi, tramite una lettera scritta di suo pugno, di impegnarsi al massimo perchè gli studenti di tutte le facoltà potessero terminare i loro studi nei Stati Uniti ed in Canada. Aggiunse che la Chiesa ha una particolare responsabilità verso di loro in quanto appartengono alla razza cui fa parte, nella sua natura umana, anche il Redentore, Gesù Cristo.»

[Traduzione mia]

All'introduzione delle leggi razziali in Italia e conseguente "congedo" dei professori ebrei, Pio XI poi nominò due illustri matematici ebrei, Vito Volterra e Tullio Levi-Civita, membri della prestigiosa Accademia pontificia delle scienze.

"Tenore generale" nella Roma del dopoguerra

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Aggiunta del 5 settembre 2010

Lo storico, pubblicista e drammaturgo cattolico Friedrich Heer (1916-1983 a Vienna) ci illustra il "tenore generale" riscontrato a Roma quando vi fece per la prima volta ritorno dopo la guerra:

«I problemi trattati da Rolf Hochhuth … mi furono illustrati personalmente, durante la mia prima visita a Roma dopo la fine della guerra, da preti cattolici, in un'ottica che si avvicinava molto a quella dell'autore tedesco. Il tenore generale … era: "Sotto Pio XI ciò non sarebbe stato possibile".»


Da un lungo articolo dell'aprile 1963 nel quotidiano tedesco "Der Spiegel" in occasione della prima rappresentazione del dramma di Rolf Hochhuth, "Il Vicario".

Penso non ci si possa augurare delle testimonianze più dirette e meno "sospette".